Trento: arrestati 3 anarco-insurrezionalisti

Trento: arrestati 3 anarco-insurrezionalistiGli investigatori della Digos di Trento, coadiuvati dal Servizio per il contrasto all’estremismo e al terrorismo interno della Direzione centrale della polizia di prevenzione, hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare nei confronti di 3 militanti anarco-insurrezionalisti, esponenti di un gruppo attivo a Rovereto.

La prima ordinanza ha colpito un insurrezionalista spagnolo, già detenuto in carcere, accusato di un attentato esplosivo con finalità di terrorismo ai danni del Tribunale di sorveglianza di Trento, avvenuto il 28 gennaio del 2014. Decisivo l’apporto tecnico del Servizio di polizia scientifica per l’attribuzione, al militante, di un profilo di DNA rinvenuto sui reperti sequestrati in occasione dell’attentato.

Agli arresti domiciliari è finito invece uno dei leader dell’anarchismo insurrezionale trentino, accusato di tentata estorsione aggravata dalla finalità di terrorismo, commessa in concorso con altri militanti, per un’irruzione compiuta il 15 aprile 2020 negli studi dell’emittente radiofonica di Rovereto. Nella circostanza, l’arrestato aveva tentato di interrompere le trasmissioni per dare lettura di un comunicato sulla tematica anti-carceraria, senza riuscirvi.

L’ultimo provvedimento, un obbligo di dimora, è stato notificato ad un’anarchica di Rovereto accusata di procurata inosservanza della pena e fabbricazione e cessione di documenti di identificazione falsi. 

L’attività investigativa è la prosecuzione di una precedente indagine conclusa nel febbraio del 2021 che aveva portato alla carcerazione di numerosi imputati colpevoli di aver costituito, promosso e partecipato ad un’associazione con finalità di terrorismo operante nel territorio trentino, nonché di una serie di reati, come il danneggiamento e la produzione e detenzione di documenti falsi.

Truffe ad anziani: a Forlì-Cesena arrestato malvivente

truffatoriPreso l’uomo che nella provincia di Forlì-Cesena prendeva di mira anziani soli per portare via, con stratagemmi collaudati, i loro beni.

I poliziotti sono arrivati a lui dopo un inseguimento. In quella circostanza all’uomo sono stati sequestrati fuochi pirotecnici ed esplosivi di piccole dimensioni, adesivi riproducenti targhe contraffatte, bombolette spray al peperoncino e radio ricetrasmittente.

E proprio partendo da questi elementi che gli investigatori sono stati in grado di ricostruire i diversi raggiri, portati a termine spacciandosi per “finto tecnico del gas”, assieme ad un complice che risulta ancora ricercato.

targheI truffatori agivano la mattina e individuavano sempre e solo persone anziane alle quali cercavano di carpire la fiducia prospettando problemi inesistenti agli impianti o, addirittura, simulando pericoli di esplosioni. 

In uno dei casi denunciati da una coppia di anziani, il malvivente, che si spacciava per tecnico del gas, per rendere credibile la messinscena del pericolo di esplosione, con uno strumento provocava delle scintille che mettevano in apprensione le vittime. Infatti il malintenzionato, prospettando un pericolo imminente, induceva gli anziani a raccogliere preziosi e denaro vicino l’ingresso. A quel punto lo scopo era raggiunto e per il truffatore è stato un gioco da ragazzi distrarre con una scusa la coppia e portarsi via i beni.

Far entrare in casa degli sconosciuti, anche se si dichiarano appartenenti a enti o alle Forze dell’ordine o di agire per loro conto, è sempre rischioso. In questi casi sarebbe già un ottimo deterrente dire che prima di farli entrare telefonerete alla Polizia, perché se sono dei malfattori se ne andranno.

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Bologna: 760 chili di cocaina sequestrati e 5 arresti

I poliziotti della Squadra mobile di Bologna hanno portato a termine una vasta operazione contro il traffico internazionale di droga. Sono state arrestate 5 persone e sequestrati 760 chili di cocaina.

La droga, che arrivava via mare da Santo Domingo all’interno di container, se immessa sul mercato, avrebbe fruttato oltre 60 milioni di euro.

All’indagine coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Bologna, hanno partecipato anche le Squadre mobili di Vicenza, Pisa, Savona, Lucca ed Arezzo nonché l’Agenzia delle Dogane e Monopoli.

Lo stupefacente è stato sequestrato in 4 diverse località mentre il denaro contante, circa 340 mila euro, è stato trovato all’interno delle abitazioni di due indagati. Sequestrata anche un’auto munita di doppiofondo per il trasporto della droga.

Nel corso delle indagini è emerso che la cocaina arrivava in Italia via mare da Santo Domingo attraverso navi cargo che trasportavano containers, da 22 tonnellate ciascuno, carichi di “pellame bovino grezzo”. Lo stratagemma usato per non far scoprire il vero carico era quello di nascondere i panetti da 500grammi di droga tra uno strato di pellame e l’altro all’interno di apposite “tasche”. Il pellame era inoltre pressato e maleodorante, e impregnato di sale così da renderne molto difficile l’individuazione.

L’organizzazione domenicana poteva contare sull’appoggio di un imprenditore italiano a capo di una società operante nel settore del commercio di pellame. Seguendo l’importazione della materia prima, che entrava in Italia attraverso il porto di Vado Ligure, Savona, i poliziotti hanno scovato i luoghi dove la cocaina veniva stipata in attesa di essere distribuita.

Bologna: 760 chili di cocaina sequestrata e 5 arrestiA fine gennaio era stato già arrestato un cittadino domenicano, partito in auto da un casolare in provincia di Vicenza, di proprietà del titolare della ditta, mentre nella vettura trasportava 18 chili di cocaina.

Qualche settimana più tardi gli agenti hanno fatto irruzione nello stesso casolare, mentre erano presenti gli altri 3 componenti della banda, poi arrestati. In quella occasione sono stati sequestrati 260 chili di cocaina.

Le perquisizioni si sono poi estese al porto di Vado Ligure nel quale risultava un altro container in deposito della stessa spedizione dove gli investigatori hanno sequestrato 237 chili di cocaina suddivisa in 460 panetti nascosti nel pellame. Mentre in una ulteriore perquisizione a Santa Croce sull’Arno (Pisa), all’interno di un magazzino doganale dove era stoccato il contenuto di un altro container, i poliziotti hanno trovato altri 432 pani di cocaina per un peso complessivo di 233 chili.

Un quinto arresto è stato effettuato a Bologna nei confronti di un altro cittadino domenicano incensurato, risultato essere il custode materiale di una parte dello stupefacente da destinare allo spaccio. Nel garage in suo possesso gli agenti hanno rinvenuto 12 chili di cocaina, nonché svariato materiale per il confezionamento dello stupefacente, una macchina conta-banconote di tipo professionale e denaro contante.

Nelle successive perquisizioni domiciliari i poliziotti della squadra mobile di Lucca hanno sequestrato 296.690 euro nell’abitazione dell’imprenditore italiano, mentre i poliziotti di Arezzo nell’abitazione di uno degli arrestati hanno sequestrato 38.560 euro e  l’auto con il doppio vano per nascondere la droga, con cui in varie occasioni si era recato a Vicenza.

Milano: 16 rapine in zona Darsena, arrestati 5 giovani

Arresti polizia volanteEra conosciuta come la “banda della catenina” e pochi giorni fa i componenti, 5 giovani tra i 18 e i 22 anni, sono stati arrestati. Tre sono stati condotti in carcere mentre due agli arresti domiciliari.

L’indagine, condotta dai poliziotti del commissariato Porta Genova di Milano e coordinate dalla procura di Milano, si sono concentrate su 16 rapine avvenute tutte nella zona della Darsena tra giugno e ottobre dello scorso anno.

È emerso che il gruppo operava prevalentemente nei fine settimana, in orario serale e notturno, mimetizzandosi nella confusione della movida: dopo aver accerchiato le vittime, strappavano loro eventuali gioielli, abiti e telefoni. In diversi casi, pur di scoraggiarne la reazione, le vittime subivano pestaggi e minacce con coltelli, cocci di vetro o altre armi improprie.

Gli indagati risultano avere precedenti penali anche per reati inerenti allo spaccio di sostanze stupefacenti.

Due dei cinque ragazzi sono inizialmente riusciti a sottrarsi alla cattura poiché senza fissa dimora e le loro ricerche, infatti, sono proseguite per oltre 48 ore fino a quando non sono stati individuati all’interno di una cascina in stato di abbandono che i due utilizzavano come riparo di fortuna.

A finire in manette anche il fratello di uno degli indagati trovato nell’abitazione durante l’arresto: l’uomo, destinatario di un provvedimento di carcerazione per rapina e resistenza a pubblico ufficiale, deve scontare due anni, quattro mesi e quindici giorni di reclusione. 

Stragi mafiose del 1992: nasce l’Olio della memoria

la cerimonia di consegna dell'Olio della MemoriaSono passati quasi trent’anni dalle stragi mafiose di Capaci e via d’Amelio che sconvolsero la Sicilia e l’Italia intera in quel lontano 1992.

Ma il tempo non ha fermato la forza della legalità e l’energia nel coltivare la memoria. E allora ecco un’iniziativa simbolica intrapresa dalla questura di Palermo, quale tappa di avvicinamento al percorso della legalità, in vista del trentennale delle stragi.

Grazie alla collaborazione con l’associazione “Quarto Savona 15”, la onlus creata da Tina Montinaro, moglie del caposcorta Antonio rimasto ucciso nell’attentato di Capaci, e alla collaborazione di tante realtà locali, è nato il Giardino della Memoria, uno spazio verde vicino al luogo dove si consumò l’omicidio del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.

In questo Giardino sono stati piantati degli ulivi dai ragazzi dell’Istituto superiore “Majorana” e da minori detenuti presso l’Istituto penale per minorenni “Malaspina”, nell’ambito di un progetto, denominato “Laboratorio Giardino della Memoria”.

Con la supervisione degli ordini professionali degli agronomi e dei forestali della Provincia, i ragazzi hanno prodotto un olio, l’Olio di Capaci.

la cerimonia di consegna dell'Olio della MemoriaNato su un luogo che è stato testimone di un’immane tragedia, l’olio ha convertito il sangue delle vittime in un segno, un simbolo che assume un valore spirituale di grande importanza. 

Le bottiglie dell’olio prodotto saranno, infatti, sono state consegnate agli  arcivescovi di Palermo e Monreale, al vescovo di Cefalù ed all’archimandrita di Piana degli Albanesi, delegato dell’Eparca, e inviate a tutte le questure siciliane, che ne faranno dono alle altre diocesi, affinché quest’olio venga consacrato nella Santa messa crismale del giovedì santo, per essere utilizzato dalla Chiesa siciliana nel corso dell’anno liturgico.

Un segnale di speranza e redenzione affinché il sacrificio dei martiri di Mafia non sia stato inutile.