Sicurezza: conferenza sulla collaborazione con i Paesi dei Balcani Occidentali

conferenzaPiù di 70 speaker, provenienti da 40 Paesi ed oltre cento esperti di settore hanno preso parte a Roma, il 17 e 18 novembre, nella Scuola Superiore di Polizia, alla 7^Annual Regional (Jumbo) Security Coordination Conference, nell’ambito della collaborazione bilaterale con i Paesi dei Balcani Occidentali.

La conferenza, co-organizzata dal Servizio relazioni internazionali dell’Ufficio di coordinamento e pianificazione delle forze di polizia del ministero dell’Interno unitamente al Regional cooperation council e dal ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ha visto la partecipazione di numerose autorità nazionali e dei Paesi balcanici nonché di rappresentanti delle maggiori organizzazioni internazionali.

Il convegno si è sviluppato attorno ai temi della sicurezza che maggiormente hanno interessato e continuano, a tutt’oggi, ad interessare la Regione balcanica e l’UE.

La sessione di apertura, inaugurata dal vice direttore generale della pubblica sicurezza preposto all’attività di Coordinamento e Pianificazione, Stefano Gambacurta, insieme al segretario generale del Regional cooperation council, Majlinda Bregu e al direttore generale per l’Europa e la politica commerciale internazionale, Vincenzo Celeste, ha costituito un momento fondamentale di riflessione per la definizione di processi securitari che guardano al perseguimento della stabilità e della legalità con i Paesi balcanici.

conferenzaL’agenda, articolata su cinque Panel tecnici, tutti presieduti dal direttore del Servizio relazioni internazionali, Eufemia Esposito e dal direttore dell’ufficio politico del Regional cooperation council, Amer Kapetanovic, unitamente ai moderatori, esperti di settore, ha spaziato dalla gestione degli eventi critici, alla radicalizzazione, all’estremismo violento e al terrorismo, nonché dalla criminalità organizzata transnazionale, all’immigrazione irregolare e al cybercrime.

Per ognuno di questi temi sono stati analizzati i contesti e le cause di sviluppo che hanno portato i gruppi di lavoro a individuare le migliori strategie di contrasto caratterizzate soprattutto dalla cooperazione tra stati e dallo sviluppo di programmi integrati tra le diverse Istituzioni per rafforzare la condivisione di esperienze e buone prassi e la realizzazione di banche dati interconnesse che possano accelerare gli scambi info-investigativi e favorire lo svolgimento di attività operative congiunte.

Sicurezza stradale: una giornata in memoria delle vittime della strada

vittime della stradaCome ogni anno, la terza domenica di novembre ricorre la “Giornata mondiale in memoria delle vittime della strada”, un momento di ricordo che viene dedicato alle vittime di incidenti stradali e ai loro familiari, ma anche un momento di riflessione sull’importanza di adottare su strada comportamenti corretti e consapevoli da parte di ognuno, sia esso automobilista, motociclista o pedone.

Tra le maggiori cause di incidenti stradali ci sono i comportamenti sbagliati dei conducenti e il mancato rispetto del codice della strada; è per questo che la Polizia di Stato, con le donne e gli uomini della Polizia stradale, organizza campagne di sensibilizzazione e informazione sui rischi derivanti da comportamenti errati alla guida. Queste iniziative sono messe in campo sotto il profilo comunicativo, informativo e con accordi con enti ed istituzioni, al fine di ridurre la mortalità sulle strade.

Guidare un veicolo dopo aver bevuto alcolici o aver assunto droghe, oppure utilizzare il cellulare mentre si è alla guida o si attraversa la strada, è estremamente pericoloso per sé e per chi si incrocia sul proprio percorso.

Stradale telefoninoBasti pensare che il solo rispondere al cellulare, fa distogliere lo sguardo dalla strada per un tempo variabile di alcuni secondi che, se si è alla guida di un veicolo, possono diventare fatali. Ad una velocità di 50 chilometri orari, infatti, bastano solo due secondi per percorrere circa 30 metri e se in quei 2 secondi lo sguardo non è rivolto alla strada, è come se si guidasse completamente bendati.

L’attenzione della Polizia di Stato su questo tema è rivolta anche ai ragazzi, attraverso incontri nelle scuole con i poliziotti della Stradale, per avvicinare i giovani alla cultura della legalità, della prevenzione e per promuovere corretti stili di vita, per stimolare in loro, futuri conducenti, una maggiore responsabilità nei comportamenti alla guida, che rimane sempre la precauzione più efficace per prevenire gli incidenti stradali.

sicurezza stradaleIl nostro Paese, inoltre, aderisce all’iniziativa dell’Unione europea sulla sicurezza stradale con la prospettiva di arrivare, nel 2030, a ridurre del 50 per cento il numero sia delle vittime che dei feriti gravi, per poi raggiungere l’obiettivo di azzerare il numero delle vittime della strada entro il 2050.

Secondo i dati Istat, nel 2021, gli incidenti stradali sono stati 151.875, nei quali hanno perso la vita 2.875 persone, mentre i feriti sono stati 204.728. Dati incoraggianti se confrontati con quelli del 2001, anno in cui si erano verificati 263.100 incidenti che provocarono 7.096 vittime e 373.286 feriti. A fronte di volumi di traffico sempre maggiori, dunque, gli incidenti e soprattutto i morti, si sono quasi dimezzati (quasi il 58 per cento in meno di incidenti e il 40 per cento in meno di morti).

La Polizia di Stato è comunque sempre al fianco delle vittime e ai loro familiari, grazie ad operatori che, opportunamente formati per fronteggiare situazioni particolarmente dolorose, come possono essere gli incidenti stradali o ferroviari, aiutano chi è sopravvissuto all’incidente o i familiari della persona deceduta a riprendere il controllo della propria vita e ad elaborare il lutto. 

In questa giornata dedicata alle vittime di incidenti, infine, un ricordo particolare va anche agli appartenenti alle Forze di polizia che sono sulla strada tutti i giorni per compiere il proprio dovere e che spesso, purtroppo, pagano un tributo altissimo.  

Progetto I CAN per la lotta contro la ‘ndrangheta

1^ conferenza dei Focal Point del progetto I-CANIn corso a Roma alla Scuola di perfezionamento delle Forze di Polizia, la 1^ conferenza dei Focal Point del progetto I-CAN che ha come obiettivo la lotta globale alla criminalità organizzata di matrice calabrese (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta). Le forze di polizia di 14 Paesi di tutto il mondo, sotto l’egida di Interpol, riunite per definire insieme la strategia di contrasto alla ‘ndrangheta.

Nato nel 2020, su iniziativa del Dipartimento della pubblica sicurezza, il Progetto I-CAN si sviluppa attraverso lo scambio di informazioni e di esperienze, partendo dal modello investigativo italiano che per primo ha dovuto fronteggiare la ‘ndrangheta, e in poco più di due anni ha creato un network che ha consentito la cattura di 36 pericolosi latitanti in tutto il mondo. Oltre ad aver favorito il riconoscimento di quegli indicatori utili alle forze di polizia per intercettare l’infiltrazione dell’organizzazione mafiosa negli asset economici e finanziari dei vari Paesi.

la 1^ conferenza dei Focal Point del progetto I-CAN“La ‘ndrangheta si è fatta holding criminale: non attacca più frontalmente lo Stato, è una mafia silente e pervasiva che inquina le economie legali, intossicandole con la corruzione e il riciclaggio. Il tempo che viviamo richiede la massima resilienza delle forze di polizia, che si devono adattare rapidamente agli scenari criminali che mutano rapidamente per massimizzare i profitti, approfittando del progresso tecnologico, dalle criptovalute fino al metaverso” le parole del vice capo della Polizia Vittorio Rizzi, promotore del progetto.

Presenti all’incontro oltre all’Italia, l’Argentina, l’Australia, l’Austria, il Belgio, il Brasile, il Canada, la Colombia, la Francia, la Germania, la Spagna, la Svizzera, gli Stati Uniti, l’Uruguay.

Immigrazione clandestina: 12 arresti a Caltanissetta

Poliziotti della Squadra mobile di Caltanissetta e del commissariato di Niscemi hanno arrestato 12 persone per associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sono ancora in corso le ricerche di altri 6 appartenenti all’organizzazione.

Gli arrestati avevano vari punti strategici dislocati in più centri siciliani e impiegavano piccole imbarcazioni, munite di potenti motori fuoribordo, per trasportare dalle coste tunisine a quella siciliana dalle 10 alle 30 persone per volta, esponendole a grave pericolo per la vita.

Il prezzo pro-capite, pagato in contanti in Tunisia prima della partenza, si sarebbe aggirato tra i 3mila e i 5mila euro con un guadagno per l’associazione tra i 30mila e i 70mila euro per ogni singolo viaggio.

Il denaro, raccolto in Tunisia, veniva inviato in Italia, a Scicli, in provincia di Ragusa, attraverso agenzie internazionali specializzate in servizi per il trasferimento di denaro, per essere successivamente versato su carte prepagate intestate agli arrestati. Parte della somma sarebbe poi stata reinvestita per aumentare i profitti dell’associazione, nell’acquisto di nuove imbarcazioni da utilizzare per le traversate.

Le indagini sono iniziate nel 2019 quando, all’imbocco del porto di Gela, si è incagliata una barca in vetroresina, di 10 metri con due motori da 200 cavalli. Il natante, segnalato da un pescatore del luogo, risultava rubato e utilizzato per far sbarcare decine di persone dalla Tunisia.

Sono stati decine i viaggi organizzati dagli arrestati accertati. Nel 2020 un’imbarcazione, partita dal Porto di Licata in direzione delle coste tunisine, ha subito l’avaria di entrambi i motori che non gli ha permesso la conclusione del viaggio; rimanendo quindi alla deriva in “mare aperto”, da qui il nome dell’operazione alla quale questa mattina hanno partecipato anche poliziotti del Reparto prevenzione crimine, del Reparto volo e dei Cinofili di Palermo.

Piacenza: caporalato, indagate 17 persone

operazioneUn’indagine della Squadra mobile di Piacenza, in collaborazione con la Polizia stradale di Trento e di Piacenza e con la Guardia di Finanza di Piacenza, ha consentito di scoprire un sistema criminale, messo in piedi dai responsabili di un’azienda di trasporti piacentina, che sfruttava lavoratori extracomunitari fatti entrare in Italia in modo irregolare. Per i reati di caporalato e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sono state indagate 17 persone di cui una è stata arrestata, per due è stato disposto l’obbligo di dimora e per altre due invece è stato applicato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. È stato inoltre disposto il sequestro preventivo dell’azienda di trasporti e di un’altra azienda, formalmente distinta dalla prima, ma di fatto riconducibile alla stessa.

In particolare l’azienda reclutava all’estero cittadini extracomunitari, perlopiù cittadini brasiliani desiderosi di entrare in Italia (dietro il pagamento all‘azienda di circa 500 euro), da impiegare nella ditta di trasporti, che forniva loro dietro ulteriore pagamento i documenti d’identità e di guida contraffatti, per i quali dovevano versare fino a 2500 euro.  Gli stranieri già indebitati firmavano quindi con il falso nome un contratto di lavoro, ed iniziavano l’attività di autisti a bordo dei camion dell’impresa, in condizioni di impiego ed alloggiamento degradanti. I camionisti tra un viaggio e l’altro dormivano a bordo dei mezzi di trasporto nel piazzale dell’azienda, e potevano usufruire anche di alcune baracche presenti nella piazzola.

Approfittando proprio dello stato di bisogno in cui i camionisti versavano, poiché irregolari sul territorio italiano, con documenti falsi e privi di qualsiasi altro contatto o alternativa lavorativa in Italia, ne sfruttavano le prestazioni lavorative imponendo turni di servizio massacranti. L’analisi dei cronotachigrafi sequestrati dalla Polizia stradale a numerosi autisti, ha fatto emergere in un periodo d’esame di soli tre mesi quasi mille infrazioni al codice della strada, principalmente per il mancato rispetto dei tempi di guida. L’azienda invitava infatti i lavoratori a fare un uso improprio dei cronotachigrafi, al fine di non essere scoperti durante i controlli.

Gli stipendi versati agli autisti erano invece difformi dai contratti collettivi nazionali e sproporzionati rispetto alla qualità e quantità del lavoro prestato. I pagamenti avvenivano senza alcuna busta paga e con ulteriori decurtazioni qualora non venisse svolto il lavoro straordinario o vi fosse un ritardo sui tempi di consegna. Venivano inoltre contabilizzate le rate per pagare i documenti falsi forniti, che venivano stornate dallo stipendio, così come venivano stornati i corrispettivi per riposare nelle baracche e pure le spese per gli incidenti stradali che causavano durante i massacranti turni di lavoro.

Successivamente, a seguito delle limitazioni alla circolazione oltreoceano per la pandemia, l’azienda ha iniziato a reclutare cittadini turchi e moldavi, ai quali non era necessario fornire documenti falsi perché era sufficiente assumerli tramite una inesistente società di diritto bulgaro, gestita dalle medesime persone e costituita ad hoc, per poi fintamente distaccarli presso la società di trasporti italiana. Tale distacco transnazionale era sufficiente a permettere comunque la loro la libera circolazione sul territorio nazionale, formalmente per un periodo limitato di tempo.

Sono complessivamente 44 i camionisti stranieri individuati nel corso delle indagini quali vittime del reato di caporalato, persone in situazione di estremo bisogno grazie alle quali gli indagati potevano trarre profitto.