Il 25 aprile si celebrano i 78 anni dalla Liberazione dal nazifascismo, giorno in cui nel 1945, dopo il proclama “arrendersi o perire” diramato via radio da Sandro Pertini, esponente del ClnaI (Comitato di liberazione nazionale alta Italia) e futuro presidente della Repubblica, i tedeschi e i fascisti della Repubblica di Salò iniziarono a ritirarsi da Torino e Milano, già insorte. La giornata denominata “anniversario della liberazione d’Italia” è stata istituzionalizzata come festa nazionale nel 1949.
Il 1943 è l’anno che segna la svolta decisiva per la posizione dell’Italia nella Seconda guerra mondiale. Infatti a partire dallo sbarco anglo-americano, nel luglio dello stesso anno, in Sicilia, a Cassibile, in provincia di Siracusa, fu firmato in gran segreto il 3 settembre “l’Armistizio breve” tra le forze alleate e il generale Castellano, per conto del nuovo Governo Badoglio. L’annuncio, via radio, venne diffuso solo qualche giorno dopo, l’8 settembre 1943. L’Italia cessò così ogni ostilità nei confronti degli Alleati ed iniziò il processo di liberazione del Paese dal nazifascismo.
Da sud a nord le forze alleate avanzarono con carri armati, divisioni di fanteria e bombardamenti aerei, alcune città riuscirono a liberarsi da sole prima del loro arrivo, come Napoli, altre vennero liberate più tardi pian piano che risalivano la penisola: Roma, Firenze, Ancona e Perugia nel 1944.
La fase più critica però è quella relativa allo sfondamento della Linea gotica, il sistema di fortificazioni costruito dall’esercito tedesco lunga la linea geografica che unisce, attraverso l’Appennino, Massa Carrara a Rimini, al cui ridosso, a seguito del Proclama Alexander l’avanzata subì un rallentamento .
E’ in queste zone e nel nord Italia che la battaglia fu più cruenta; a Genova, Torino e Milano, nel 1945, la popolazione sciopera, insorge e le divisioni dei partigiani scendono dalle montagne dopo l’invito all’insurrezione generale del CnlaI, città queste, che gli Alleati troveranno, al loro arrivo, già liberate e in cui i nazifascisti furono costretti alla resa incondizionata.
Ai 20 mesi di resistenza, contribuirono molti poliziotti i quali, in vari modi ed in varie zone, diedero il loro supporto attraverso l’impegno attivo, fornendo armi, informazioni e le divise Pai ai ribelli.
Alcune guardie della Pubblica Sicurezza a Napoli, durante le famose “Quattro giornate”, si unirono al movimento di liberazione, sette di loro morirono e altre otto rimasero ferite. In particolare il capitano Amabile Rizzo, si pose al comando di civili e militari in uno scontro armato con i tedeschi, che vennero poi messi in fuga.
Le guardie Amerigo Sterpetti, Umberto Dionisi, Antonio Zanuzzi, Giovanni Liguori, Giuseppe Mantellassi, il tenente Antonio Mollica, il sottotenente Aldo De Palma, oltre a Maurizio Giglio, Pietro Lungaro e Giovanni Lupis ed altri, contribuirono alla difesa di Roma dopo l’8 settembre 1943, rimasta con ordini poco chiari e contrastanti.
Il sottotenente Vittorio Labate, in provincia di Livorno, comandava la Tenenza di Pubblica Sicurezza dell’Ardenza ed insieme ad altri sette colleghi, Nicola Bucci, Giovanni Cannata, Francesco Citro, Orlando Tomietto ,Washington Copernico, Orlando Marinai e Umberto Petrucchi, stavano trasportando delle armi e munizioni, in dotazione alla questura, per consegnarle ai partigiani della Terza brigata Garibaldi, operante in provincia di Pisa per poi unirsi a loro. Furono però scoperti dai tedeschi e fucilati pochi giorni dopo.
Il poliziotto Mario Canessa, in provincia di Sondrio, in servizio alla frontiera con la Svizzera disubbidì agli ordini di perquisire e denunciare chi tentava di fuggire, fornì preziose informazioni ai gruppi partigiani. Sospettato dai fascisti, venne trasferito in centro Italia, dove continuò a collaborare assiduamente con il Cnl.
L’agente di Pubblica Sicurezza Raffaele Criscitiello, a Monza, collaborò con i partigiani del fronte della Gioventù, che organizzarono un assalto alla caserma dove prestava servizio e di cui aveva fornito la planimetria, al fine di reperire delle armi. Venne poi scoperto ed ucciso dai tedeschi insieme ad altri due partigiani.
Per ricordare il sacrificio dei molti, che durante quegli anni difficili diedero la vita in difesa di libertà e democrazia, domani il presidente della Repubblica Sergio Mattarella deporrà una corona d’alloro al Sacello del Milite ignoto all’Altare della Patria di Piazza Venezia, a Roma. Alla cerimonia solenne, insieme alle cariche costituzionali, prenderà parte anche il capo della Polizia Lamberto Giannini.
Serena Felici