Progetto I-Can: primo seminario in Rete contro la ‘Ndrangheta

rizzi webinarNell’ambito del progetto I-Can (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta) promosso dall’Italia insieme ad Interpol, si è tenuto oggi, in videoconferenza, il primo seminario in Rete come attività di formazione con lo scopo di aumentare la conoscenza e la consapevolezza della minaccia e della pericolosità rappresentata dalla ‘Ndrangheta nel mondo. La sessione è stata aperta dal vice capo della Polizia Vittorio Rizzi insieme al direttore esecutivo del Segretariato generale dell’Interpol, Stephen Kavanagh, alla presenza degli investigatori specializzati delle unità I-Can di Australia, Argentina, Brasile, Canada, Colombia, Francia, Germania, Italia, Svizzera, Stati Uniti e Uruguay e degli esperti per la sicurezza italiani in quei Paesi.

Il progetto si pone l’obiettivo di costituire delle squadre specializzate nelle zone dove è maggiormente radicata la presenza della ‘Ndrangheta preparando le forze di polizia al contrasto di questa organizzazione criminale.

Stanno già arrivando i primi risultati con l’arresto, nella scorsa settimana, di 6 latitanti in Argentina, Costa Rica e Albania, segno tangibile di quanto lo scambio informativo e la collaborazione investigativa costituiscano la risposta più efficace alle organizzazioni mafiose: contro una minaccia globale occorre un attacco globale.

Per questo oggi Interpol e il Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia – Scip della Direzione centrale della polizia criminale, hanno organizzato un seminario con la professoressa Anna Sergi, docente di crimonologia presso il Dipartimento di sociologia dell’Università dell’Essex, le cui ricerche si focalizzano sullo studio della criminalità organizzata.

La strage di Duisburg del 2007 ha confermato l’esistenza della ‘Ndrangheta anche fuori dall’Italia consentendo di capire quanto capillare fosse l’inserimento delle famiglie calabresi nei tessuti sociali e finanziari di numerose nazioni. 

Sicurezza: servizi di Polizia con la nuova Yamaha Sport Tourer

La “partnership” tra la Polizia di Stato e la Yamaha, già positivamente collaudata con la fornitura delle moto d’acqua per i reparti speciali, si arricchisce ancora con la fornitura di moto da strada per i servizi di Polizia.

Con il programma “Yamaha for Police” la Polizia di Stato svolgerà il proprio lavoro sulla “Sport Tourer Yamaha”.                                  

Si tratta di una flotta di 90 FJR1300AE dal propulsore a quattro cilindri in linea da 1.298 cc, che garantisce una ottima ripresa, prestazioni sportive e consumi contenuti. Con il cambio a sei marce la moto permette sia un’accelerazione istantanea, sfruttando la riserva di coppia, sia di mantenere un andamento costante, in sesta, a bassi regimi. Inoltre con le sospensioni a regolazione elettronica e forcella rovesciata, che si adattano in base al fondo stradale e al carico, i poliziotti potranno guidare in ogni situazione.

L’ allestimento, invece, è composto da: faro lampeggiante a tecnologia LED montato su un palo telescopico ad estensione manuale; coppia di lampeggianti frontali a tecnologia LED integrati al parabrezza di serie; Kit sonoro costituito da una coppia di altoparlanti in neodimio con profilo ribassato, master e slave, provvisti di modulo elettronico; sirena bitonale integrata, suono emergenza / soccorso; sistema di gestione con pulsantiera stagna dotata di pulsanti retroilluminati.

Andrea Colombi, country Manager di Yamaha, ha dichiarato che “La vocazione di Yamaha nel supportare la mobilità, in ogni sua forma e necessità, si traduce anche nella fornitura di mezzi affidabili e performanti alle Forze di Polizia. Vogliamo e sappiamo rispondere a qualsiasi bisogno, sia esso dei singoli cittadini sia dei professionisti al servizio della sicurezza. Per noi è sempre una grande soddisfazione poter essere accanto a chi svolge mansioni importanti e strategiche. Il programma Yamaha for Police è un asset fondamentale all’interno dell’azienda, che ci permette di fare la nostra parte per il bene comune”.

Trieste: presi gli autori del furto di medicinali oncologici

farmaci oncologiciArrestate quattro persone per il furto di farmaci oncologici, del valore di circa 400mila euro, avvenuto a febbraio 2019 all’ospedale Maggiore di Trieste.

All’operazione, che ha portato alla cattura dei ladri nell’area napoletana, hanno partecipato sia la Polizia che i Carabinieri di Trieste e Napoli.

Dalle indagini è emerso che gli arrestati prima di fare il colpo avevano effettuato ripetuti sopralluoghi nei pressi della struttura ospedaliera e, una volta certi di poter colpire in sicurezza, hanno approfittato dell’oscurità e dell’assenza di personale sanitario per accedere all’interno dell’ospedale.

I quattro, travisati da passamontagna ed indossando guanti, hanno forzato porte e finestre fino a raggiungere il magazzino della farmacia dove, dagli armadi refrigerati, si sono impossessati di medicinali ad altissimo costo destinati a pazienti affetti da patologie tumorali.

Gli accertamenti sui transiti autostradali e l’acquisizione dei filmati di videosorveglianza hanno permesso di risalire ad un’autovettura intestata ad una società di noleggio. Il veicolo, proveniente da Napoli, aveva raggiunto Trieste anche nei giorni precedenti al furto.

Parallelamente è stata svolta anche un’accurata analisi dei tabulati telefonici che ha permesso di individuare le utenze utilizzate durante il furto il 12 febbraio.

L’attività investigativa ha fatto scoprire anche un gruppo di cittadini egiziani che in Lombardia si occupava della ricettazione dei farmaci al di fuori dai confini nazionali (Egitto, Francia e Turchia).

Nell’ambito del procedimento penale risultano indagate altre persone che hanno avuto diversi ruoli sia in seno al furto che nella ricettazione dei medicinali.

Operazione “Last supporters”: 16 misure cautelari nei confronti di tifosi

Sono 16 le misure cautelari, quattro di arresti domiciliari e nove di obbligo di dimora, eseguite dagli agenti della Squadra mobile e della Digos di Potenza per l’indagine ”Last supporters”.

L’operazione di stamattina chiude il cerchio sull’aggressione ai tifosi del Melfi da parte di quelli del Rionero avvenuti lo scorso 19 gennaio e nei quali perse la vita un tifoso rionerese.

In quell’occasione vennero arrestate 26 persone nell’immediatezza dei fatti. Successivamente, attraverso l’acquisizione di campioni biologici, prove digitali, intercettazioni telefoniche e monitoraggio della zona dove erano avvenuti i fatti, i poliziotti sono riusciti a risalire agli indagati odierni. I tifosi del Rionero avevano premeditato l’aggressione ai tifosi del Melfi, e le intenzioni erano quelle di un’imboscata aspettando i tifosi avversari alla stazione di Vaglio, a dieci chilometri da Potenza, dove i supporters del Melfi sarebbero passati necessariamente.

In una delle chat di gruppo analizzate, i poliziotti hanno trovato espressioni del tipo “andiamo a fare Nassirya” come chiaro segno di premeditazione di un’azione organizzata.

Donatella Fioroni

Varese: fermato traffico di cocaina

Cocaina sequestrataAvevano creato, all’interno di un magazzino utilizzato per il deposito di materiale aeronautico, un laboratorio per la raffinazione la preparazione e lo stoccaggio di sostanza stupefacente.

Questo è quanto hanno scoperto gli investigatori della questura di Varese che hanno arrestato un italiano ed un albanese che, tra pezzi e parti di ricambio di aerei, nascondevano bilancini di precisione, fornelli, presse ed altro materiale per la preparazione di panetti di droga.

Gli agenti del Commissariato Gallarate hanno sequestrato, all’interno del magazzino sito a Vergiate, poco distante da Varese, anche 2 chili e trecento grammi di cocaina, 230 grammi di marjuana ed anche una pistola calibro 7,65 con le munizioni, risultata rubata cinque anni fa.

Un altro sequestro di cocaina è avvenuto durante un controllo di routine da parte della volante del commissariato di Gallarate che, a bordo di un camion, ha trovato e sequestrato ben 9 chili di cocaina arrestando l’autista del mezzo.